venerdì 15 gennaio 2010

Alcune considerazioni sulle interferenze del Ponte della Cittadella con i problemi della sicurezza idraulica di Alessandria

di Luigi D’Alpaos*

La necessità o meno di abbattere il Ponte della Cittadella per dare alla città di Alessandria le dovute condizioni di sicurezza idraulica nei confronti delle piene del Tanaro, che si trascinava tra le polemiche fin dai giorni immediatamente successivi alla grande alluvione del novembre 1994, ha avuto il suo inaspettato epilogo il 7 agosto 2009, quando si è dato inizio ai lavori di demolizione della storica struttura.

I non pochi pareri espressi in questi anni sulla dibattuta questione del ruolo assunto dal ponte nel deflusso di quella piena straordinaria del Tanaro nel tratto in attraversamento alla città non avevano mai portato ad un chiarimento condiviso del problema.

Ai molti sostenitori dell’abbattimento del ponte, che si facevano forti di valutazione tecniche non sempre ineccepibili ed erano più orientati a sostenere una tesi aprioristicamente stabilita che a ricercare una verità scientificamente credibile, si opponevano altri esperti, i quali, ben consci dei limiti delle analisi teoriche proponibili al riguardo, ancorché fondate su modelli ben più complessi e sofisticati di quelli utilizzati dai primi, indicavano la necessità di analizzare in modo più approfondito il problema, basandosi eventualmente anche sui risultati sperimentali di un modello fisico a fondo mobile del fiume nel tratto cittadino, prima di arrivare ad una qualsiasi decisione.

Era questa una posizione scientificamente corretta, che avrebbe portato attraverso un percorso razionale ad una decisione rispetto alla quale nessuno si sarebbe potuto sottrarre, sia che appartenesse al gruppo che non riteneva opportuno sacrificare, ove non necessario, una struttura di grande significato storico per la città, sia che si sentisse meglio rappresentato da quanti sostenevano che il ponte dovesse essere abbattuto, giudicandolo, senza peraltro addurre prove certe, incompatibile con la sicurezza idraulica di Alessandria.

Non è irrilevante ricordare al riguardo la posizione assunta dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, massimo organo tecnico dello Stato, che qualche anno dopo la grande piena prescriveva di valutare con specifiche indagini su modello fisico quale fosse l’influenza del Ponte della Cittadella sul passaggio delle piene del Tanaro attraverso la città di Alessandria, assoggettando qualsiasi decisione nel merito dell’abbattimento o meno della struttura all’esito di tali prove.

Purtroppo così non è stato e si è preferito, senza attendere ulteriormente, attuare una decisione forse già da tempo presa, percorrendo una scorciatoia, quella di un provvedimento urgente della Protezione Civile. Il tutto paradossalmente proprio nel momento in cui la realizzazione del modello fisico del Tanaro in attraversamento ad Alessandria, da più parti a lungo auspicata, si era completata e in breve tempo si sarebbero potute ottenere dalla sperimentazione le indicazioni cercate sugli effetti idraulici del ponte.

Il caso del Ponte della Cittadella, che in Alessandria ha avuto un precedente ancor più sconcertante nella frettolosa demolizione del Ponte Nuovo condannato senza che nessuno verificasse quali sarebbero stati i benefici idraulici di una eventuale restituzione al flusso delle 5 luci (5 su 15) che risultavano completamente occluse quando si verificò il passaggio della piena del 1994, è un esempio emblematico di comportamenti e procedure quantomeno criticabili da parte degli Enti preposti al governo del territorio.

Tutto ciò premesso, nonostante non si possa più ritornare indietro, non è del tutto inutile ricordare alcuni aspetti di una vicenda che si è sviluppata accompagnata da molti dubbi e poche certezze. Tanto più che, a parere di chi scrive e non solo, l’eliminazione del Ponte della Cittadella non può considerarsi risolutiva per la difesa idraulica di Alessandria.



2. Il primo punto su cui riflettere riguarda le modalità secondo le quali si è sviluppata l’alluvione di Alessandria in occasione della piena del novembre 1994, la massima mai registrata nel Tanaro, e il ruolo svolto in quell’occasione dal Ponte della Cittadella. Si tratta di un evento sulla cui evoluzione nel superamento di Alessandria, fatta eccezione per le attività promosse dalla Procura della Repubblica, si è forse troppo poco indagato, contrariamente a quanto sarebbe stato auspicabile. Le molte analisi condotte successivamente alla piena avevano un obiettivo unico, ben definito, che non era però quello di comprendere le cause di quanto era avvenuto. Gli estensori di tali analisi hanno in generale ritenuto non fosse di un qualche interesse tentare di far luce su quelle circostanze, che avrebbero di per se stesse potuto evidenziare il ruolo effettivo avuto dal ponte in occasione di un evento di piena che è stato, come si è detto, di gran lunga il massimo mai registrato nel Tanaro.

E’ stato in particolare confermato dalle testimonianze e dai documenti raccolti a seguito della piena che nel superamento del tratto cittadino, compreso tra il vecchio ponte ferroviario e il Ponte Nuovo, le acque, dopo aver sfondato in sinistra il rilevato ferroviario a monte del Ponte della Cittadella e aver aggirato la Cittadella stessa, costrette dal rilevato della strada che porta al Ponte Nuovo, sono per lo più rientrate in alveo subito a valle, unendosi alle portate rimaste in alveo. Fu così che, sormontato l’argine destro a monte del Ponte Nuovo, il Tanaro potè invadere il quartiere Orti con le conseguenze a tutti note.

Le simulazioni numeriche condotte dallo scrivente nell’ambito delle indagini promosse dalla Procura della Repubblica hanno consentito di ricostruire con buona attendibilità l’esondazione e di valutare l’entità delle portate rimaste in alveo che hanno superato direttamente il Ponte della Cittadella. Con un buon riscontro con i dati sperimentali raccolti subito dopo l’alluvione in termini di superfici allagate e di volumi fuoriusciti, è risultato da queste indagini che una portata di almeno 3000 m3/s avrebbe superato il Ponte della Cittadella, mentre circa 1200 m3/s, sfondato il rilevato ferroviario a monte, avrebbero aggirato in sinistra il ponte stesso.

È risultata in questo modo una stima della portata massima in arrivo da monte di circa 4200 m3/s, del tutto confrontabile con quella indicata tra l’altro, in indagini condotte sempre per conto della Procura della Repubblica ma in un differente procedimento, da un gruppo di periti del quale faceva parte anche il Prof. Seminara. Alla luce di queste considerazioni sembra ragionevole che si debba prendere atto del fatto che:

● il Ponte della Cittadella nelle condizioni esistenti ha già fatto defluire verso valle portate pari ad almeno 3000 m3/s, senza che le sue luci fossero completamente occluse senza causare esondazioni a monte per effetto di rigurgito. A maggior ragione, quindi, si può ritenere che una portata di 3000 m3/s possa defluire attraverso il ponte senza che le acque del Tanaro sormontino il suo impalcato;

● il Ponte della Cittadella non è stato la causa delle gravi insufficienze idrauliche registratesi nel tratto cittadino durante il deflusso della piena del Tanaro del novembre 1994. È da ribadire che la fuoriuscita delle acque verificatasi in sinistra a monte del ponte è stata determinata non dall’eccessivo rigurgito prodotto dal ponte, ma dall’incapacità del rilevato ferroviario a monte di reggere la spinta dovuta alle quote idrometriche instaurate dalla piena;

● il sormonto dell’argine sinistro e l’alluvionamento del quartiere Orti non sono a loro volta in alcun modo riconducibili alla presenza del Ponte della Cittadella. Il ponte, essendo a monte, non ha in alcun modo influenzato le condizioni di valle nel tratto compreso tra il ponte stesso e il Ponte Nuovo, data la natura cinematicamente lenta della corrente.

Si tratta di circostanze importanti e niente affatto non considerate da quanti sono stati coinvolti nei ripetuti tentativi di dimostrare come ineluttabile l’abbattimento del ponte. Costoro sembrano essere stati presi soprattutto dall’ansia di evidenziare le disastrose conseguenze negative della presenza del Ponte della Cittadella, più che a ricercare con schemi di calcolo meno rozzi quale fosse il suo effettivo comportamento idraulico.

Nessuna ricostruzione dell’evento del novembre 1994 è d’altra parte stata tentata nello studio recentemente commissionato dal Comune di Alessandria ai Professori Ridolfi e Ravelli, che pure si intitola “Analisi e commento critico dei precedenti studi effettuati in merito alla verifica idraulica sul fiume Tanaro nel tratto urbano del Comune di Alessandria in relazione alla presenza del Ponte della Cittadella”.

E’ davvero singolare che nello studio in verità non così critico, come lascerebbe presupporre il titolo, e piuttosto generico in termini ingegneristici, si sia evitato di ritornare su quanto è realmente avvenuto in occasione dell’evento straordinario del 1994 e ci si sia concentrati solo e soltanto sulle valutazioni di tipo teorico condotte, basate su ipotesi non sempre condivisibili e tutte da verificare, anche quando, come è il caso delle pur pregevoli indagini dei Proff. Colombini e Seminara (2004), si sono considerati gli effetti della mobilità del fondo, sia pure utilizzando uno schema unidimensionale. Sorprende inoltre che nello studio dei Proff. Ridolfi e Ravelli non si faccia riferimento alcuno alle già ricordate indagini svolte per conto della Procura della Repubblica dal Prof. Seminara, nelle quali si indicava addirittura in circa 4000 m3/s la portata massima della piena del Tanaro del 1994, che sarebbe passata attraverso la sezione del Ponte della Cittadella (senza invadere la sede stradale). Si tratta di una portata molto lontana da quella di 2700 m3/s valutata dallo stesso Prof. Seminara nello studio successivo del 2004 e indicata come limite oltre il quale le acque del Tanaro supererebbero l’estradosso del Ponte della Cittadella.

Queste differenze, evidenti, inquadrano senza necessità di commenti i pesanti limiti delle valutazioni teoriche, che risultano fortemente condizionate dalle assunzioni, a volte troppo soggettive, introdotte nel calcolo. Gli schemi suddetti, pertanto, non sono in grado di rispondere al quesito vero che ci si sarebbe dovuti porre relativamente al Ponte della Cittadella, ovvero quale portata poteva superare la struttura, senza produrre danni di un qualche rilievo ed effetti di rigurgito tali da comportare tracimazioni arginali a monte.

Del resto i Proff. Ridolfi e Ravelli affermano a commento delle indagini condotte dai Professori Colombini e Seminara “Accanto a queste relazioni (quelle prodotte dai due studiosi giudicate tra tutte le più credibili) andranno tenuti ben presenti i risultati del modello (fisico) che.. (omissis).. è in fase di realizzazione da parte dell’AIPo e consentirà di ricavare le informazioni necessarie per approntare i corretti interventi”.

Che dire, se non restare interdetti viste le decisioni attuate con una certa dose di cinismo a partire dal 7 Agosto ultimo scorso, quando il tanto auspicato modello fisico a fondo mobile era stato da poco ultimato ed era pronto a entrare in funzione per fornire finalmente le risposte da tutti tanto attese ?.



3. Un secondo punto da considerare nel caso del Ponte della Cittadella riguarda i criteri utilizzati per giudicarne la compatibilità idraulica. Si tratta dei criteri stabiliti nella Direttiva dell’Autorità di Bacino, approvata dal Comitato istituzionale con delibera n. 2/99. Quei criteri, che concernono il franco da garantire rispetto ai livelli idrometrici stabiliti dalla massima piena prevedibile nel caso di una struttura in attraversamento ad un alveo fluviale, devono indubbiamente applicarsi senza deroghe ai ponti da realizzare ex-novo. Il buon senso suggerisce invece che essi non dovrebbero essere calligraficamente applicati quando fossero riferiti a ponti di interesse storico, come è il Ponte della Cittadella, per i quali le necessità di carattere idraulico dovrebbero potersi contemperare con esigenze diverse, non meno importanti, riguardanti in generale anche la tutela di beni meritevoli di essere conservati e tramandati.

Se così non fosse c’è da temere per il destino di molte opere d’arte giunte fino a noi. Potrebbe, ad esempio, qualche ingegnere benpensante coltivare l’idea che sia lecito abbattere il Ponte Vecchio di Firenze, solo perché la massima piena prevedibile dell’Arno nel superare le sue tre arcate non rispetta i criteri fissati dall’Autorità di Bacino del Po.

Non c’è dubbio che nel caso del Ponte della Cittadella, e di altri ponti di interesse storico, la risposta debba essere molto diversa da questa. I questi casi, forse, la domanda da porsi dovrebbe essere:

può la massima piena prevista per il Tanaro superare il ponte (quello della Cittadella nello specifico) senza comportare problemi di stabilità strutturale per l’opera e causare tracimazioni delle difese arginali a monte?.

Il tutto indipendentemente dal fatto che le massime portate previste (3800 m3/s) per il Tanaro in Alessandria transitino o meno a valle “con un funzionamento delle luci in parte in pressione”, come scrivono i Proff. Ridolfi e Ravelli (pag. 12), adducendo questa circostanza a giustificazione di un intervento la cui efficacia complessiva resta tutta da dimostrare, come del resto sembrano suggerire implicitamente gli stessi professori nel momento in cui richiedono al riguardo prove su modello fisico.

Condannare pertanto all’abbattimento il ponte perché qualcuno scrive, basandosi su valutazioni teoriche che sono opinabili mancando del supporto di indagini sperimentali specifiche, che durante gli stati di piena esso “costituisce un ostacolo alla corrente, provocando un consistente innalzamento dei livelli idrici a monte” (pag. 12 della relazione Ridolfi-Ravelli) non ha nessun significato ingegneristico.

Soprattutto in quanto l’aggettivo consistente non è tradotto in numeri, come dovrebbe essere di abitudine per un ingegnere. Oltretutto con questo modo di esprimersi non è dato di capire consistente rispetto a cosa e soprattutto quanto consistente (centimetri, decine di centimetri oppure metri!), a meno che non si voglia dare a ciascuno la possibilità di comprendere!.



3. Un ultimo punto da considerare riguarda l’idea che, abbattuto il ponte e reso l’alveo del Tanaro capace di convogliare in condizioni di sicurezza la portata di progetto di 3800 m3/s, si possa ritenere che per la città di Alessandria si siano ripristinate le dovute condizioni di sicurezza idraulica. In realtà non sarà così, come si può ben comprendere ritornando ancora sulle modalità con cui si è sviluppata l’alluvione nel famoso novembre 1994 e sulle condizioni preesistenti dell’alveo del Tanaro che doveva contenere la piena.

Si è voluto credere (o far credere), infatti, che allora tutto sia dipeso dalla presenza dei ponti presenti nel tratto cittadino, tant’è che ostinatamente in molti si sono battuti per il loro abbattimento, quasi che la rimozione di queste strutture, indicate come responsabili della catastrofe, fosse un rito salvifico, contro i mali (idraulici) futuri.

Guardando all’evolversi degli eventi, realisticamente, non si deve dimenticare che altre sono state le vere cause dell’alluvione e che i ponti (quello della Cittadella e il Ponte Nuovo in particolare) sono stati solo a posteriori individuati come un comodo capro espiatorio.

Abbattuti i ponti e rimossi gli ostacoli nel tratto cittadino, una domanda che attende una risposta puntuale e certa da parte dei sostenitori degli interventi attuati riguarda la futura capacità del fiume a mantenere attive, completamente attive, le sezioni che si sono volute dare al suo alveo.

E’ probabile, come del resto è avvenuto nel passato, che così non sia e che le sezioni assegnate al fiume non possano mantenersi naturalmente. Lentamente, ma inesorabilmente, queste sezioni, sovradimensionate rispetto alla capacità della corrente di modellarle, evolveranno con ogni probabilità in senso negativo, riducendo progressivamente la loro capacità di portata e favorendo la formazione in alveo di depositi e di ostacoli. Basti ricordare che queste tendenze evolutive, oltre a produrre riduzioni di sezione e depositi, avevano prima della piena del novembre 1994 praticamente comportato l’ostruzione di tre luci del ponte ferroviario e di ben cinque luci del Ponte Nuovo.

Mancando qualsiasi manutenzione in alveo, come è stato nel passato e come sarà sicuramente nel futuro, essendo questa è una caratteristica che ci contraddistingue, non è detto che le sezioni sulle quali si è voluto ricalibrare l’alveo del Tanaro in Alessandria per adeguarlo alle portate di progetto riescano a conservarsi per la sola azione della corrente.

In questa pericolosa evenienza è quanto mai probabile che le conseguenze pratiche non siano molto dissimili da quelle che si sono constatate durante la piena del 1994. Quella piena, secondo chi scrive, non ha allagato Alessandria per l’insostenibile rigurgito prodotto dai ponti ora finalmente abbattuti, ma per lo stato precario generale dell’alveo del fiume e delle difese di contenimento, che non erano assolutamente in grado di farla transitare a valle, evitando tracimazioni e sormonti.

Non vi è dubbio, infine, che una soluzione diversa da quella adottata, di incrementare la capacità di portata dell’alveo, poteva ridurre in modo più significativo il rischio idraulico per la città. Ci si intende in particolare riferire al provvedimento di creare a monte di Alessandria invasi appositamente predisposti per il trattenimento temporaneo dei colmi di piena, provvedimento troppo frettolosamente liquidato, in quanto giudicato economicamente non producente.

La costruzione di invasi per la moderazione dei colmi di piena in realtà avrebbe potuto ridurre le portate massime in limiti ragionevoli e compatibili non solo con la presenza dei ponti abbattuti, ma anche con la naturale capacità del fiume di mantenere attive nel tempo le proprie sezioni. Seguendo questo indirizzo il Tanaro sarebbe stato più facilmente in grado di convogliare a valle le portate delle massime piene probabili moderate dagli invasi, garantendo oltretutto il passaggio attraverso la città con quote idrometriche ridotte e in definitiva meno pericolose con riferimento a sempre possibili fenomeni di cedimento arginale.



4. Con un pensiero conclusivo non si può non ritornare alla paradossale situazione che si è determinata decretando la fine del Ponte della Cittadella proprio nel momento in cui si era finalmente reso disponibile lo strumento di indagine (il modello fisico in scala ridotta a fondo mobile) da tanti auspicato. Il modello poteva e può far luce sulle molte valutazioni condotte, basandosi su calcoli più o meno raffinati, e portare risultati credibili a sostegno o contro l’abbattimento del Ponte della Cittadella.

Sarebbe paradossale che il sacro furore degli “ingegneri operosi”, che hanno segnato senza appello l’amaro destino del Ponte della Cittadella e hanno voluto un intervento la cui urgenza resta tutta da dimostrare, porti nello stesso tempo all’abbandono delle attività previste sul tanto sospirato modello fisico appena ultimato.

È quanto mai necessario che le prove sul modello fisico a fondo mobile siano condotte come se il ponte esistesse ancora e che esse siano indirizzate a chiarire una questione che lascia tutt’ora molti quesiti senza risposta, indagando innanzitutto con dovizia di prove e di risultati gli aspetti relativi al funzionamento del ponte nelle sue attuali condizioni, ma non solo.

Per amore di verità particolare attenzione dovrebbe riservarsi ai benefici che sarebbero potuti derivare da interventi finalizzati alla conservazione del ponte, non ultimi quelli conseguenti all’eliminazione della soglia che attualmente lo presidia a valle.

Solo alla luce di una circostanziata e rigorosa indagine condotta senza pregiudizi e tesi precostituite da difendere, chi si è sentito a diverso titolo coinvolto in questa vicenda emblematica potrà darsi ragione di quanto è accaduto, adottando procedure che prestano il fianco a molte critiche.



* Il Prof. Ing. Luigi D’Alpaos è Ordinario di Idrodinamica nell’Università di Padova



(cittafutura.al.it 5/11/2009)

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